43 anni fa l’omicidio di Piersanti Mattarella
Era il 6 gennaio 1980. Piersanti Mattarella usciva di casa, andava in garage a prendere la macchina, si fermava per far salire la suocera, la moglie Irma Chiazzese e i figli. Senza scorta, il presidente la rifiutava nei giorni festivi, voleva che anche gli agenti stessero con le loro famiglie. All'improvviso sbucava un killer incappucciato che iniziava a sparare. La pistola s'inceppava e il killer correva verso una Fiat 127 con a bordo un complice, prendendo un'altra arma e continuando a sparare, uccidendo Mattarella. Accanto a lui il fratello Sergio, oggi presidente della Repubblica, che lo prendeva tra le sue braccia. Il 24 maggio di quell'anno avrebbe compiuto 45 anni. Successivamente indagava sul caso il giudice Giovanni Falcone secondo cui quella mattina in via della Libertà a Palermo ci sarebbero stati Giusva Fioravanti e Gilberto Cavallini, processati anche per la Strage di Bologna del 2 agosto 1980. Per la magistratura di Palermo non c’erano stati elementi sufficienti per condannarli, anche se a confermare la tesi di Giovanni Falcone c’erano state le confessioni di alcuni collaboratori di giustizia e della moglie Irma Chiazzese, che in quella maledetta mattina del 6 gennaio 1980 sembrava fosse riuscita a vedere in faccia il killer. La vicenda giudiziaria fu lunga e complessa, ma non definitiva. Come mandanti venivano condannati all'ergastolo Totò Riina, Michele Greco, Bernardo Provenzano, Bernardo Brusca, Pippo Calò, Francesco Madonia e Antonino Geraci. L'inchiesta, però, non riusciva a identificare i sicari. Dopo quarantadue anni, non si è interrotto, invece, lo sforzo di una ricerca della verità.